Il libraio Gui Minhai “rapito” di nuovo
Gui Minhai, è di nuovo agli arresti. Secondo un’esclusiva del New York Times, l’uomo — già protagonista dell’eclatante caso dei cinque librai di Hong Kong rapiti dagli agenti di Pechino nel 2015 — era stato rilasciato ad ottobre dopo due anni di detenzione — ufficialmente — in relazione a un incidente automobilistico di oltre dieci anni prima in cui era morta una persona; ufficiosamente, per le attività “illegali” condotte dalla sua libreria Causeway Bay Books, specializzata in libri scandalistici sui leader cinesi. Dalla sua scarcerazione fino a sabato scorso, stando alla figlia, l’uomo avrebbe vissuto in uno stato di libertà vigilata. Gui — che ha passaporto svedese — si trovava su un treno diretto a Pechino in compagnia di funzionari del consolato di Stoccolma a Shanghai quando è stato prelevato da 10 uomini in borghese. Il programma di viaggio del libraio era quello di raggiungere l’ambasciata svedese per sottoporsi ad alcuni accertamenti medici dopo aver mostrato i sintomi di un principio di SLA mai manifestati prima della detenzione. Un elemento che aggrava ulteriormente la condizione dell’uomo e mette doppiamente in cattiva luce Pechino, su cui già pesa la responsabilità di aver lasciato il premio Nobel Liu Xiaobo morire dietro le sbarre lo scorso luglio. Secondo il South China Morning Post, Gui aveva fatto richiesta per un nuovo passaporto svedese probabilmente con l’intenzione di lasciare la Cina. Sulla base di quanto riferito ai funzionari svedesi, l’uomo sarebbe sospettato di aver condiviso informazioni riservate con i diplomatici stranieri.
Pechino caccia i migranti e la popolazione cala per la prima volta in 17 anni
Secondo l’Istituto municipale di statistica, lo scorso anno la popolazione della capitale cinese è scesa di 22mila unità a quota 21,707 milioni. Si tratta del primo calo dal 2000 e una buona notizia per le autorità, determinate a contenere il numero dei residenti sotto i 23 milioni allo scoccare del 2020 con lo scopo di allentare la pressione demografica e rendere la megalopoli — nota per l’alto livello d’inquinamento e il traffico rampante — più vivibile. L’annuncio della traiettoria discendente arriva tuttavia in coda al forzato allontanamento dei lavoratori migranti (mingong), ufficialmente, con lo scopo di combattere l’abusivismo edilizio. Dal 2014, la capitale è impegnata in una campagna di delocalizzazione verso la periferia di tutte quelle attività considerate superflue e poco decorose, come i mercati all’ingrosso dove lavorano sopratutto i migranti. Secondo alcune stime, sono centinaia di migliaia i mingong ad aver lasciato la municipalità dopo l’ultima ondata di sfratti forzati. Come ammesso da Pang Jiangqian, portavoce dell’Istituto, “le megacity stanno diventando sempre meno attraenti”, anche grazie al progressivo sviluppo delle province centro-occidentali, tradizionalmente le più arretrate. Nel 2016, il numero dei migranti confluiti a Pechino è diminuito per la prima volta in oltre un decennio di 150mila unità, mentre un numero simile ha lasciato Shanghai nel 2015.
Xi Jinping bonifica l’esercito con in mente la Nordcorea
Cosa si nasconde dietro l’accusa di corruzione contro un potente generale cinese e il suicidio di un collega nel giro di pochi giorni? Secondo il Nikkei, la possibilità di una lotta contro gli uomini in divisa poco inclini a scaricare il vecchio alleato nordcoreano. Addirittura si parla di un tentato colpo di Stato. Ma andiamo per ordine. Fino ad agosto scorso Fang Fenghui veniva considerato un fedele alleato di Xi Jinping, tanto da aver ricevuto l’onore di accompagnare il presidente cinese negli Stati Uniti ad aprile e di sedere alla tavola di Donald Trump. Il generale sarebbe sparito nel mese d’agosto per ricomparire sui titoli della stampa cinese agli inizi di gennaio in riferimento alla compravendita di cariche militari. Come fa notare il quotidiano nipponico, pochi giorni prima del fermo, Fang aveva incontrato Joseph Dunford, Capo dello stato maggiore congiunto, per definire la cooperazione sino-americana nel caso di uno scenario di guerra con Pyongyang. L’arresto a stretto giro di Zhang Yang, un altro membro della potente Commissione militare centrale, ha dato nuovo vigore alle speculazioni secondo cui la campagna di bonifica delle forze armate avviata da Xi avrebbe non solo lo scopo di debellare il malaffare tra i ranghi dell’Esercito ma anche quello di allineare gli alti funzionari alla linea dura assunta nell’ultimo anno contro la Corea del Nord. D’altronde, non è un mistero, storicamente chi ha sempre spinto per una tolleranza nei confronti dei comportamenti di Pyongyang sono stati proprio i militari cinesi. Zang si è tolto la vita alla fine di novembre. Secondo la stampa di Hong Kong, anche il vicepresidente della Commissione — nonché boss di Fang — sarebbe già stato preso in custodia. Una notizia ancora in attesa di conferma.
La Cina mette al bando hip pop e star tatuate
Continua senza sosta la “Rivoluzione Culturale” di Xi Jinping. Stavolta a finire nel mirino sono l’hip pop e i tatuaggi. Secondo quanto ordinato venerdì scorso dalla State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television, si “richiede specificamente che i programmi [tv e online] non siano caratterizzati da attori con tatuaggi, cultura hip-hop, sottoculture e culture decadenti”. Più precisamente, come specificato dal capo del dipartimento della pubblicità, tutte le programmazioni dovranno seguire la regola dei “quattro no”:
1)Assolutamente non usare attori il cui cuore e la morale non sono allineati con il partito e la cui moralità non è nobile
2) Assolutamente non usare attori senza gusto, volgari e osceni.
3) Assolutamente non usare attori il cui livello ideologico è basso e non hanno classe
4) Assolutamente non usare attori con macchie, scandali e problemi di integrità morale.
Il divieto arriva all’indomani dell’espulsione del noto rapper GAI dal programma Singer in onda sulla tv dello Hunan e a pochi giorni dall’autocritica di PG One, un altro rapper costretto alle scuse dopo il lancio di “Christmas Eve”, canzone dai contenuti misogini e inneggiante all’uso delle droghe. Sono almeno altri due i casi recenti di censura ai danni di star “ribelli”. Come spiega il Global Times, l’hip-hop “è uno strumento per esprimere rabbia, miseria e lamentele” e pertanto non si adatta alla Cina ne vi può prosperare. Il pubblico non l’ha presa bene: “La SARPPFT è così dozzinale! Non volevano dare a cantanti hip-pop cinesi alcuna possibilità di sopravvivere! Torneremo ai tempi antichi”, commenta un internauta su Weibo.
Pechino critica le tariffe commerciali americane
“Gli Stati Uniti hanno abusato ancora una volta delle loro misure commerciali”. Con queste parole il ministro del Commercio cinese boccia l’implementazioni di dazi del 50 e 30% applicati ieri su lavatrici e pannelli solari d’importazione. Mentre le misure (che verranno affiancate da quote) non sono dirette specificatamente ad alcun paese, nei fatti colpiscono sopratutto Cina e Corea del Sud. Il provvedimento prende le mosse da una legge del 1974 utilizzata l’ultima volta nel 2002 da Bush e contro cui la WTO è già intervenuta in passato. Proprio la scorsa settimana il US Trade Representative’s office ha pubblicamente definito “un errore” l’aver permesso a Pechino di entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio. L’America First comincia così a prendere forma. Ad aprile si attende un’ulteriore controffensiva a difesa delle industrie dell’alluminio e dell’acciaio statunitensi in base ad una normativa accantonata negli anni ’80, mentre, secondo quanto riferito al South China Morning Post da Derek Scissors dell’American Enterprise Institute, Washington annuncerà nel giro di pochi giorni l’esito delle indagini riguardanti il furto di proprietà intellettuale condotte sulla base della sezione 301 del US Trade Act. Gli accertamenti, avviati cinque mesi fa, potrebbero venire pubblicati anzitempo, ovvero prima dello State of the Union in agenda per il 30 gennaio
“La Cina spera che gli Stati Uniti eserciteranno moderazione nell’uso delle restrizioni commerciali nel rispetto delle regole commerciali multilaterali e che svolgeranno un ruolo positivo nel promuovere l’economia mondiale”, ha intimato il ministero del Commercio cinese.
Pechino caccia i migranti e la popolazione cala per la prima volta in 17 anni
Secondo l’Istituto municipale di statistica, lo scorso anno la popolazione della capitale cinese è scesa di 22mila unità a quota 21,707 milioni. Si tratta del primo calo dal 2000 e una buona notizia per le autorità, determinate a contenere il numero dei residenti sotto i 23 milioni allo scoccare del 2020 con lo scopo di allentare la pressione demografica e rendere la megalopoli — nota per l’alto livello d’inquinamento e il traffico rampante — più vivibile. L’annuncio della traiettoria discendente arriva tuttavia in coda al forzato allontanamento dei lavoratori migranti (mingong), ufficialmente, con lo scopo di combattere l’abusivismo edilizio. Dal 2014, la capitale è impegnata in una campagna di delocalizzazione verso la periferia di tutte quelle attività considerate superflue e poco decorose, come i mercati all’ingrosso dove lavorano sopratutto i migranti. Secondo alcune stime, sono centinaia di migliaia i mingong ad aver lasciato la municipalità dopo l’ultima ondata di sfratti forzati. Come ammesso da Pang Jiangqian, portavoce dell’Istituto, “le megacity stanno diventando sempre meno attraenti”, anche grazie al progressivo sviluppo delle province centro-occidentali, tradizionalmente le più arretrate. Nel 2016, il numero dei migranti confluiti a Pechino è diminuito per la prima volta in oltre un decennio di 150mila unità, mentre un numero simile ha lasciato Shanghai nel 2015.
Xi Jinping bonifica l’esercito con in mente la Nordcorea
Cosa si nasconde dietro l’accusa di corruzione contro un potente generale cinese e il suicidio di un collega nel giro di pochi giorni? Secondo il Nikkei, la possibilità di una lotta contro gli uomini in divisa poco inclini a scaricare il vecchio alleato nordcoreano. Addirittura si parla di un tentato colpo di Stato. Ma andiamo per ordine. Fino ad agosto scorso Fang Fenghui veniva considerato un fedele alleato di Xi Jinping, tanto da aver ricevuto l’onore di accompagnare il presidente cinese negli Stati Uniti ad aprile e di sedere alla tavola di Donald Trump. Il generale sarebbe sparito nel mese d’agosto per ricomparire sui titoli della stampa cinese agli inizi di gennaio in riferimento alla compravendita di cariche militari. Come fa notare il quotidiano nipponico, pochi giorni prima del fermo, Fang aveva incontrato Joseph Dunford, Capo dello stato maggiore congiunto, per definire la cooperazione sino-americana nel caso di uno scenario di guerra con Pyongyang. L’arresto a stretto giro di Zhang Yang, un altro membro della potente Commissione militare centrale, ha dato nuovo vigore alle speculazioni secondo cui la campagna di bonifica delle forze armate avviata da Xi avrebbe non solo lo scopo di debellare il malaffare tra i ranghi dell’Esercito ma anche quello di allineare gli alti funzionari alla linea dura assunta nell’ultimo anno contro la Corea del Nord. D’altronde, non è un mistero, storicamente chi ha sempre spinto per una tolleranza nei confronti dei comportamenti di Pyongyang sono stati proprio i militari cinesi. Zang si è tolto la vita alla fine di novembre. Secondo la stampa di Hong Kong, anche il vicepresidente della Commissione — nonché boss di Fang — sarebbe già stato preso in custodia. Una notizia ancora in attesa di conferma.
La Cina mette al bando hip pop e star tatuate
Continua senza sosta la “Rivoluzione Culturale” di Xi Jinping. Stavolta a finire nel mirino sono l’hip pop e i tatuaggi. Secondo quanto ordinato venerdì scorso dalla State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television, si “richiede specificamente che i programmi [tv e online] non siano caratterizzati da attori con tatuaggi, cultura hip-hop, sottoculture e culture decadenti”. Più precisamente, come specificato dal capo del dipartimento della pubblicità, tutte le programmazioni dovranno seguire la regola dei “quattro no”:
1)Assolutamente non usare attori il cui cuore e la morale non sono allineati con il partito e la cui moralità non è nobile
2) Assolutamente non usare attori senza gusto, volgari e osceni.
3) Assolutamente non usare attori il cui livello ideologico è basso e non hanno classe
4) Assolutamente non usare attori con macchie, scandali e problemi di integrità morale.
Il divieto arriva all’indomani dell’espulsione del noto rapper GAI dal programma Singer in onda sulla tv dello Hunan e a pochi giorni dall’autocritica di PG One, un altro rapper costretto alle scuse dopo il lancio di “Christmas Eve”, canzone dai contenuti misogini e inneggiante all’uso delle droghe. Sono almeno altri due i casi recenti di censura ai danni di star “ribelli”. Come spiega il Global Times, l’hip-hop “è uno strumento per esprimere rabbia, miseria e lamentele” e pertanto non si adatta alla Cina ne vi può prosperare. Il pubblico non l’ha presa bene: “La SARPPFT è così dozzinale! Non volevano dare a cantanti hip-pop cinesi alcuna possibilità di sopravvivere! Torneremo ai tempi antichi”, commenta un internauta su Weibo.
Pechino critica le tariffe commerciali americane
“Gli Stati Uniti hanno abusato ancora una volta delle loro misure commerciali”. Con queste parole il ministro del Commercio cinese boccia l’implementazioni di dazi del 50 e 30% applicati ieri su lavatrici e pannelli solari d’importazione. Mentre le misure (che verranno affiancate da quote) non sono dirette specificatamente ad alcun paese, nei fatti colpiscono sopratutto Cina e Corea del Sud. Il provvedimento prende le mosse da una legge del 1974 utilizzata l’ultima volta nel 2002 da Bush e contro cui la WTO è già intervenuta in passato. Proprio la scorsa settimana il US Trade Representative’s office ha pubblicamente definito “un errore” l’aver permesso a Pechino di entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio. L’America First comincia così a prendere forma. Ad aprile si attende un’ulteriore controffensiva a difesa delle industrie dell’alluminio e dell’acciaio statunitensi in base ad una normativa accantonata negli anni ’80, mentre, secondo quanto riferito al South China Morning Post da Derek Scissors dell’American Enterprise Institute, Washington annuncerà nel giro di pochi giorni l’esito delle indagini riguardanti il furto di proprietà intellettuale condotte sulla base della sezione 301 del US Trade Act. Gli accertamenti, avviati cinque mesi fa, potrebbero venire pubblicati anzitempo, ovvero prima dello State of the Union in agenda per il 30 gennaio
“La Cina spera che gli Stati Uniti eserciteranno moderazione nell’uso delle restrizioni commerciali nel rispetto delle regole commerciali multilaterali e che svolgeranno un ruolo positivo nel promuovere l’economia mondiale”, ha intimato il ministero del Commercio cinese.
(Pubblicato su China Files)
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