mercoledì 28 marzo 2018

In Cina e Asia



Kim Jong-un incontra Xi


E’ ufficiale. Il funzionario nordcoreano giunto in Cina a bordo del blindatissimo treno verde era Kim Jong-un. Il leader nordcoreano si è trattenuto a Pechino con la consorte da domenica a martedì. La visita (“informale”) è stata confermata questa mattina dalla tv di stato cinese CCTV,secondo la quale Kim ha incontrato il presidente Xi Jinping in due circostanze: nella Grande Sala del Popolo e presso la residenza dei dignitari stranieri Diaoyutai. “La nostra posizione coerente è quella di continuare a perseguire la denuclearizzazione della penisola, in accordo con quanto voluto dal presidente Kim Il Sung e il segretario generale Kim Jong-il”, ha dichiarato il giovane leader, secondo quanto riportato dalla statale KCNA. Kim ha inoltre aggiunto di voler creare “un’atmosfera di pace e stabilità”.

La visita giunge mentre sono in corso i preparativi per l’atteso incontro tra Kim Jong-un e il presidente sudcoreano Moon Jae-in, che dovrebbe spianare la strada ad uno storico faccia a faccia tra il leader nordcoreano e Trump. Mentre l’istituzione di un canale diretto tra Washington e Pyongyang rischia di estromettere dalle trattative la Cina — vecchio alleato del Regno eremita e primo partner commerciale — , la visita di Kim oltre la Muraglia — la prima da quando ha assunto la guida del Nord — ha lo scopo di ricucire lo strappo causato dalle sanzioni e dalla linea dura, a cui Pechino si è allineato per sgonfiare la tensione con Washington sul versante commerciale. “Non c’è dubbio che la mia prima visita all’estero sia quella nella capitale cinese”, ha scandito il leader nordcoreano dicendosi determinato a portare avanti i rapporti trai due paesi attraverso le generazioni future. “E’ una scelta strategica per entrambi”, ha commentato Xi. Soprattutto alla luce delle imminenti negoziazioni con gli Stati Uniti. Ora Kim potrà fronteggiare Trump forte dell’appoggio cinese.

Gibuti nella morsa del debito

C’è Gibuti tra i paesi coperti dalla Belt and Road caratterizzati da una delle esposizioni debitorie più preoccupanti. Situato in posizione strategica sullo stretto di Bab-el-Mandeb, tra Mar Rosso e Golfo di Aden, lo stato africano è stato scelto da Pechino per ospitare la prima base militare cinese all’estero — formalmente per servire le puntellare le operazioni antipirateria. Il contratto d’affitto, con durata ventennale, è stato seguito da copiose iniezioni di capitali. In soli due anni Pechino ha concesso al governo locale prestiti per circa 1,4 miliardi di dollari, pari a più del 75% del prodotto interno lordo annuale di Gibuti. Tanto che il rapporto debito/Pil è balzato all’85%, tra i più alti tra i paesi a basso reddito. Per il think tank londinese Centre for Global Development (CGD), Gibuti è il caso più eclatante tra un certo numero di paesi poveri “che si trovano ad affrontare un rischio significativamente maggiore di default nel caso in cui vengano attuati i progetti pianificati nell’ambito della Belt and Road Initiative”. Il rischio — dicono gli esperti — è che Pechino possa ricattare il governo gibutiano concedendo una cancellazione del debito in cambio di porzioni del territorio, come già avvenuto per il Tajikistan.

Il Myanmar ha un nuovo presidente

Si tratta dell’ex speaker del parlamento Win Myint, uomo di punta della Lega nazionale per la democrazia. Conosciuto per il suo carattere forte, Htin Kyaw ci si attende assumerà le redini del paese con più risolutezza rispetto al dimissionario Win Myint, considerato una marionetta nelle mani di Aung San Suu Kyi, leader di fatto. Secondo esperti consultati dal Nikkei, la nomina potrebbe sancire un ribaltamento degli equilibri del potere. C’è chi ritiene che la “Lady” cederà parte dell’autorità amministrativa accumulata in questi anni, mentre l’arrivo di una personalità risoluta alla guida del governo civile rischia di complicare il dialogo con i militari. “Non sarà in grado di trattare con pazienza”, pronostica una fonte governativa.

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