venerdì 3 febbraio 2012

Alla conquista dell’ altra “metà del cielo”


La transizione dall'economia collettiva alla liberalizzazione del mercato, ha aperto alla Cina una nuova era di benessere e innovazione, senza tuttavia lasciare mai gli ormeggi da quel bagaglio di valori trasmesso in eredità dalla tradizione dei padri. Tuttoggi la filosofia Confuciana, continua a fungere da collante ideologico, assicurando l'ordine sociale e plasmando le relazioni interpersonali attraverso un consolidato complesso di norme culturali e politiche.

Ed è così che dopo tren’tanni di riforme e aperture (avviate negli anni ‘80 sotto l'egidia di Deng Xiaoping), le gerarchie di potere e il peso della tradizione impediscono ancora ai gruppi più fragili di accedere a determinati diritti e privilege, negando alle donne la conquista di quella “metà del cielo” che non le è mai appartenuta.

Sbbene durante l'epoca maoista la questione di genere fosse posposta alla lotta di classe, d’altra parte è innegabile che in quegli anni la figura femminile abbia progressivamente acquisito valore e dignità. La legge sulla libertà del matrimonio del 1950, rappresenta uno dei primi barbagli di luce, accompagnata dall'inserimento massiccio delle donne nel mondo del lavoro. Tutte le forze produttive, nessuna esclusa, dovevano essere convogliate nel processo costruttivo della nuova società socialista. E alla fine degli anni '50 la quota delle lavoratrici aveva già toccato la soglia del 90%, mentre una nuova legislazione del lavoro aprì loro differenti possibilità d'occupazione.

Ma di lì a poco gli anni bui della Rivoluzione Culturale avrebbero aperto alle donne cinesi una parentesi dalle tinte foschissime. Nel 1966 a Shanghai più della metà delle donne aveva abbandonato le fabbriche per fare ritorno tra le mura di casa, sotto il diktat dell'allora presidente Liu Shaoqi. Tuttavia, solo due anni dopo, durante il dodicesimo plenum dell VIII Comitato centrale, fu emessa una direttiva volta a stabilire una quota minima del 30% di quadri femminili negli organi gestionali di base del Partito e dello Stato.

Dati alla mano, alla vigilia della transizione economica del 1978, il salario medio delle lavoratrici era l'83% di quello dei loro omologhi maschili, mentre il rapporto uomo-donna tra i membri del Partito era di 2 a 1. Le donne occupavano il 57% dei posti di lavoro urbani con i livelli di benefit piu bassi e svolgevano soltanto il 37% degli impieghi con i benefit più alti.

Sino alla meta’ degli anni ‘80 gli uffici governativi assegnavano alle ragazze laureate le cariche meno remunerate, mentre l'aumento della competitività lavorativa innescata dal boom economico non faceva che allargare ulteriormente la forbice di genere.

Lo scioglimento delle comuni agricole e l'esaltazione dell'impresa familiare come base per la riforma rurale, hanno finito per sostituire le piccole unità di produzione e di lavoro, riaffermando l'autorità patriarcale e innescando il declino del ruolo delle donne, già vessate dagli orrori della pianificazione delle nascite.

Alla ristrutturazione dello spazio rurale ha fatto seguito un esodo massiccio dalle campagne. Il flusso migratorio di giovani cinesi in cerca di fortuna si è riversato nelle grandi città, andando ad ingrossare il mercato del lavoro urbano: cameriere, impiegate, operaie nelle fabbriche tessili e alimentari, oggi confluite nel settore terziario, se non già risucchiate nel tunnel del racket della prostituzione.

D'altronde, il neoliberismo e gli esperimenti economici del Piccolo Timoniere hanno offerto alle donne cinesi nuove interessanti opportunità. Questo è il caso del lavoro salariale nelle Zone Economiche Speciali (Sez), che, in quanto testa di ponte degli investimenti diretti esteri nella Repubblica Popolare, hanno ottenuto diverse agevolazioni, comprese una serie di deroghe alla leggi sul salario e sul lavoro. Con lo scopo di minimizzare gli attriti tra datori di lavoro e personale impiegatizio, le Sez hanno preferito optare per l'assunzione di un organico tutto, o quasi, al femminile, così che, secondo le statistiche, alla fine del secolo scorso l'80% dei lavoratori in queste aree appartenevano al gentil sesso.

Ed e proprio negli anni ’90 che finalmente la macchina giuridica cinese ha messo in moto i suoi ingranaggi. Nel 1992 fu approvata una legge sulla tutela dei diritti e degli interessi delle donne, mentre la Federazione nazionale delle donne cinesi diffuse un programma incentrato sulla “Dichiarazione delle quattro auto-referenzialita” (rispettare sè stesse; avere fiducia in sè stesse; fare affidamento su sè stesse; migliorare sè stesse): principi, questi, che a loro volta hanno ispirato la Quarta Conferenza sulle Donne patrocinata dall’Onu e tenutasi a Pechino nel 1995.

Con la gestione Hu Jintao-Wen Jiabao si è aperto un nuovo capitolo pieno di speranza

Nell'agosto del 2009 il Consiglio di Stato cinese ha elaborato due programmi della durata di 10 anni al fine di garantire una maggiore tutela a donne e bambini. “Outline for the Development of Chinese Women” (2011-2020) è il nome del progetto al femminile che, in sette punti chiave, va a toccare aspetti quali la copertura sanitaria, l'istruzione, il welfare e l'assistenza giuridica.

Ora i riflettori sono puntati sulla necessità di migliorare il sistema di sicurezza sociale, attraverso la garanzia di una copertura capillare dell'assicurazione di maternità e dei servizi medici.

Le direttive del progetto- scriveva a suo tempo il People’s Daily, megafono del Partito comunista cinese,- prevedono un rafforzamento della partecipazione femminile ai processi decisionali e al management statale, al fine di facilitarne l'inserimento nella leadership politica ai vari livelli. Almeno un seggio, a partire dall'amministrazione provinciale in su, dovrà essere garantito ai funzionari donne, Nei comitati di villaggio sarà assicurato un 30% di presenza femminile, mentre il 10% dei capi eletti alla loro guida dovranno essere donne.

E non e tutto. Come sottolineato dall'agenzia di stampa Xinhua, il programma si pone anche, tra gli obiettivi principali, quello di eliminare le discriminazioni di genere sul lavoro, stabilendo un tetto minimo del 40% per il personale impiegatizio femminile.
Ai dipartimenti ai vari livelli spettera’, inoltre, il compito di creare le condizioni d'istruzione necessarie, attuando corsi di formazione professionale per garantire alle donne, entro 10 anni, l'accesso al 35 % delle alte cariche prefessionali.

Poi lo scorso novembre, la notizia di un ulteriore passo avanti: la proposta del Dipartimento degli affari Legislativi di un nuovo regolamento volto ad aumentare il congedo di maternità standard da 90 a 98 giorni. Il provvedimento, che include anche una copertura assicurativa sul parto e sull'aborto spontaneo, se approvato, renderebbe la Cina compatibile con gli standard fissati dall'International Labour Organization (ILO), migliorando la legge sull'indennità di maternità varata lo scorso luglio (con la legge del 1luglio i datori di lavoro sono tenuti a calcolare l'assicurazione di maternità in base al salario medio mensile percepito dalle impiegate nell'anno precedente).

Secondo un rapporto stilato dalle Nazioni Unite nel 2011, l'Impero di Mezzo è tra i 173 Paesi che forniscono un congedo di maternità retribuito e si piazza al terzo posto a pari merito con il Giappone, preceduta solo da Regno Unito (273 giorni di ferie pagate) e Svezia (480 giorni).

Ma mentre la legislazione tenta di stare al passo con i tempi, “permane il rischio che molte fabbriche decidano arbitrariamente di non rispettare le ultime norme sul lavoro” ha dichiarato Geoffry Crothall, portavoce di China Labour Bulletin con base ad Hong Kong (CLB). E mentre anche il senior strategist di CLB, Francis Cheung, ha mostrato i propri dubbi sul quello che ha definito un provvedimento “marginale”, l’International Labour Organization (ILO) ha accolto favorevolmente la nuova proposta di legge, con l'augurio che l'indennità di maternità venga estesa anche alle imprese private e al settore informale.

Allo stato attuale, Esprit Holdings, Sinotrans Air Transportation e Hang Seng Bank sono tra le società domiciliate in Cina con la più alta percentuale di dipendenti donna, come evidenziato dalla rivista d'informazione finanziaria Bloomberg.

Ma sulla base di quanto riportato dal ministero del Lavoro e della Sicurezza Sociale, sono ancora le donne a detenere il primato nelle forme di occupazione temporanea e informale, che favorendo la crescita economica di pari passo con la riduzione di regolamenti onerosi e della concessione di benefici per i lavoratori, si stima diventeranno, nei prossimi due decenni, la tipologia occupazionale piu diffusa. Bassi salari e condizioni di lavoro insoddisfacenti, sono il minimo comune denominatore del variegato mondo del lavoro informale; e anche in questo mondo gli uomini tendono a ricevere paghe superiori a quelle delle loro colleghe.

Dunque, dopo una vita di fatiche e discriminazioni, cosa riserba la vecchiaia all'altra “metà del cielo”?

Ancora una volta le proiezioni del CLB sono nefaste. Il 30 novembre scorso la Ong per la difesa dei diritti dei lavoratori cinesi ha fatto sapere che oggigiorno soltanto il 20% delle donne di età avanzata beneficia di una pensione,
Costrette a lasciare il proprio impiego compiuti i 55 anni, 5 anni prima degli uomini, le donne percepiscono una pensione nettamente inferiore, non potendo raggiungere lo stesso grado di anzianità.

Quando poi ci si sposta nelle zone rurali, dove il tasso di analfabetizzazione continua a rimanere alto, la situazione raggiunge livelli allarmanti. Qui sono i figli a doversi sobbarcare il mantenimento delle proprie madri, e qualora nemmeno la pietà filiale risultasse un'ancora di salvezza sufficiente, alle donne non resta che cercare un altro impiego.

Questo è il caso di Sun Liping, vedova 65enne, costretta a lavorare in un cantiere al fine di sanare i debiti contratti per le cure del marito gravemente malato. Le erano stati promessi 6.000 yuan di compenso, ma dopo 85 giorni di lavoro non aveva ancora visto un soldo.

Recentemente, un rapporto rilasciato dalla China University of Political Science and Law ha rivelato che oggi il 19,1% dei posti di lavoro è ristretto ai membri della Lega della Gioventù Comunista o del Partito, il 15,6 % degli uffici pubblici accetta una candidatura solo in base al sesso, l'11,5% impone restrizioni su fattori quali lo status sociale o il tipo di hukou (particolare sistema di registrazione che distingue le famiglie in “rurali” e “non rurali”), mentre solo lo 0,4% esige dagli aspiranti impiegati particolari richieste fisiche.

E poi ci sono i più esigenti, come una fabbrica della città di Dongguang, nella provincia del Guangdong, la quale nel suo annuncio per il reclutamento del personale ha specificato tra le altre cose che il candidato deve possedere un'età compresa tra i 20 e 30 anni, deve avere una vista al di sopra degli 8 decimi, godere di buona salute, essere esente da malattie infettive, avere una certa altezza e, dulcis in fundo, deve possedere un background culturale adatto al proprio sesso (scuola secondaria tecnica o scuola secondaria a tempo pieno per le donne; college di quattro/cinque anni più specializzazione in scienze e ingegneria per gli uomini).

La discriminazione di genere, d'altra parte, non è l'unica piaga ad affliggere le lavoratrici cinesi. Lo scorso gennaio il China Daily ha lanciato l'allarme riguardo all'impennata di casi di violenze sessuali che dal 2007 ad oggi ha condotto molte donne a chiedere aiuto presso centri specializzati.
Guo Jianmei, avvocato per la difesa dei diritti delle donne e dei bambini, nonché direttore del Beijing Zhongze Women's Legal Counseling and Service Center, ha raccontato di aver ricevuto, negli ultimi cinque anni, 183 richieste di consulenza in materia di abusi sessuali; dei 47 casi portati avanti, il 34% era legato proprio all'ambiente lavorativo. Colpa, in buona parte, del lassismo delle autorità, come ha spiegato un insider delle forze dell'ordine. “La polizia non presta sufficiente importanza alle molestie sessuali”, ha raccontato Zhu Yantao, funzionario in pensione del Ministero della Pubblica Sicurezza, “ci concentriamo di più su casi di maggior entità quali rapine e attentati, mentre gli abusi sul posto di lavoro finiscono spesso nel dimenticatoio”:

Ma mentre il peso dell'eredità confuciana cominciana a farsi oltremodo gravoso, c'è chi piuttosto che abbandonarsi alla disperazione preferisce trovare rifugio nella filosofia; e la prospettiva di un successo economico e l'ambizione sociale si trasformano magicamente nel carburante necessario ad alimentare la lunga marcia verso sè stesse.. “Non si matura quando si è felici”, scrive una delle protagoniste del romanzo-inchiesta di Leslie Chang, Operaie, “la felicità rende superficiali. Solo la sofferenza ti fa crescere, ti trasforma, ti fa arrivare a capire meglio la vita”.

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