mercoledì 2 maggio 2012

"Caso Chen" complica le relazioni Cina-Usa

GRAVI RIPERCUSSIONI SUI RAPPORTI SINO-AMERICANI

Cheng Guangcheng and Implication for U.S-China Relation (National Committee on United States-China Relation.
I membri del National Committee board, Jerome A. Cohen e David M. Lampton, discutono riguardo alle implicazioni che il caso del dissidente Chen potrebbe avere sulle relazioni sino-americane. (link)


Pechino chiede scuse formali degli Usa per il "caso Chen"


Pechino, ore 21.30
Nell'ultima ora Twitter sta letteralmente riscrivendo l'epilogo del "caso Chen" gettando forti dubbi sulla reale volontà del dissidente di lasciare l'Ambasciata americana. 
Si parla di ricatto: il governo cinese, secondo quanto affermato dalla moglie dell'attivista Hu Jia, Zeng Jinyan, avrebbe preso in ostaggio la famiglia di Chen per indurre la diplomazia Usa a venire a compromessi. (CGC didn't want to leave Embassy, but CN gov threathened wife if he doesn't leave, wife & kids will be take back to Shandong. via@zengjinyan). All'uomo non sarebbe stato permesso di vedere moglie e figli, presi in custodia dalle forze dell'ordine non appena giunti a Pechino.
L'avvocato dello Shandong non avrebbe avuto alcuna intenzione di lasciare la sede diplomatica statunitense, come è anche risultata una clamorosa invenzione la telefonata nella quale Chen avrebbe detto di voler "baciare la Clinton" (sostituisci "baciare" con "parlare"), come riportato da diversi media in serata. 
Secondo quanto dichiarato sempre da Zeng, il dissidente avrebbe persino detto di voler lasciare la Cina per gli Stati Uniti, una tesi assolutamente nuova dopo giorni di speculazioni circa il suo futuro, e contraria a quanto precedentemente dichiarato da persone a lui vicine. 


COMUNICATO STAMPA DELLA CLINTON SU CHEN GUANGCHENG:

Press Statement
Hillary Rodham Clinton
Secretary of State
Washington, DC
May 2, 2012    U.S DEPARTMENT OF STATE


I am pleased that we were able to facilitate Chen Guangcheng’s stay and departure from the U.S. embassy in a way that reflected his choices and our values. I was glad to have the chance to speak with him today and to congratulate him on being reunited with his wife and children.

Mr. Chen has a number of understandings with the Chinese government about his future, including the opportunity to pursue higher education in a safe environment. Making these commitments a reality is the next crucial task. The United States government and the American people are committed to remaining engaged with Mr. Chen and his family in the days, weeks, and years ahead.


Dalla Guerra Fredda al caso Chen, quando l'ambasciata diventa un rifugio

(Fonte IGN)
Pechino, 2 mag. (Adnkronos) - La vicenda del dissidente cinese Chen Guangcheng, sfuggito agli arresti domiciliari per trovare rifugio all'interno dell'ambasciata americana a Pechino, è solo l'ultimo, in ordine di tempo, di una serie di casi analoghi che hanno segnato le cronache della Guerra Fredda e, successivamente, dei rapporti tra Occidente e regimi autoritari. Proprio in Cina, vi fu il precedente dell'astrofisico e critico del regime Fang Lizhi, che riparò all'interno della sede dell'ambasciata Usa, mentre le autorità di Pechino si lanciavano nella repressione della protesta di Piazza Tienanmen.
Fang, scomparso poche settimane fa, rimase all'interno della sede diplomatica americana per oltre un anno, prima di trasferirsi negli Stati Uniti, dove visse per il resto della sua vita, insegnando alla Cambridge University. Più recentemente, c'è stata la vicenda dell'ex capo della polizia di Chongqing, Wang Lijun, rifugiatosi a febbraio nel consolato Usa di Chengdu, mentre stava esplodendo l'intricato scandalo dell'ex astro nascente del partito comunista Bo Xilai e della moglie.
A garantire l'inviolabilità delle sedi diplomatiche straniere e a dare ai dissidenti fuggitivi la certezza che le autorità locali non possano farvi irruzione per arrestarli, c'è la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961. In base a quanto stabilito dalla Convenzione, come ricorda alla Bbc Colin Warbrick, specialista in diritto internazionale e docente alla Birmingham University, "le ambasciate sono luoghi privilegiati e le autorita' locali non hanno il diritto di entrarvi".
Un ulteriore livello di protezione è garantito dalla legislazione sui diritti umani, nella forma della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e, nel caso degli Stati Uniti, dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. Ciò significa che un'ambasciata è obbligata a considerare i rischi per l'incolumità di un rifugiato qualora questo venisse consegnato alle autorità locali. Di conseguenza, la responsabilità che ne deriverebbe in caso di maltrattamenti, persecuzioni o condanne a morte.
Ai tempi della Guerra Fredda, uno dei casi più noti (e più lunghi nel tempo) rimane quello del cardinale ungherese Jozsef Mindszenty, che rimase all'interno dell'ambasciata Usa a Budapest per ben 15 anni, dal 1956 al 1971. Sempre nell'est Europa, mentre la Cortina di Ferro si stava sgretolando, vi furono i casi delle centinaia di cittadini della Germania orientale che in Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria si rifugiarono nelle ambasciate della Germania Federale. Il caso più 'rumoroso' fu quello dell'ex dittatore panamense Manuel Noriega che nel dicembre del 1989, a seguito dell'invasione Usa, si rifugiò all'interno della nunziatura apostolica. Gli americani lo 'bombardarono' con musica rock a tutto volume per 24 ore al giorno, finché Noriega fu costretto a consegnarsi. Più recentemente, un altro caso da ricordare è quello di Morgan Tsvangirai, il leader dell'opposizione nello Zimbabwe, che nel 2008, per sfuggire alle violenze delle squadracce di Robert Mugabe si rifugiò all'interno dell'ambasciata olandese.



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