lunedì 11 novembre 2013

Un partito per Bo Xilai


Quanti si immaginavano la fondatrice del Partito dedicato al deposto Bo Xilai come un'esaltata sostenitrice del maoismo più spinto probabilmente dovranno ricredersi. Wang Zheng, professore associato presso la Beijing Institute of Economics and Management, non ama definirsi una fan di Bo perché "i fan non sono razionali, io invece lo sono", racconta in un'intervista alla Reuters.

Il Zhi Xian Party, traducibile come "La Costituzione è l'autorità suprema", è nato il 6 novembre, proprio alla vigilia del Terzo Plenum, l'appuntamento più importante nell'agenda politica dei nuovi leader, a un anno dal ricambio al vertice, che -stando a quanto preannunciato dai leader- avvierà riforme "senza precedenti". E Bo Xilai, l'ex segretario di Chongqing al centro del più clamoroso scandalo politico in salsa di soia dell'ultimo ventennio, sarà il suo "Presidente eterno".

“Il Partito è stato istituito perché siamo pienamente d'accordo con la politica della prosperità comune di Bo Xilai” si legge in un documento redatto dai suoi fondatori in chiaro riferimento alle politiche egualitarie dell'ex astro nascente, che per il suo populismo rosso acceso si è guadagnato l'appellativo di Nuovo Mao. D'altra parte, stando a quanto riportato da Associated Press, il Zhi Xian Party pare abbia ricevuto poche adesioni per il momento, mentre molti noti commentatori maoisti hanno affermato di non essere al corrente nemmeno della sua esistenza. Wang, che non ha dato le cifre esatte, si è limitata a dire: “Abbiamo più membri rispetto a quelli che nel 1921 erano presenti alla fondazione del Pcc”.

Ciò nonostante la portata del gesto è a dir poco rivoluzionaria. Una nuova organizzazione politica sfida il Partito comunista cinese (Pcc), al potere dal 1949, prendendo come suo leader simbolico un politico corrotto attualmente in prigione, dove rimarrà presumibilmente per il resto dei suoi giorni, come stabilito dalla corte intermedia di Jinan lo scorso settembre. Corrotto, ma sopratutto temuto ai piani alti per via del suo ambizioso protagonismo, contraddistinto dalla sponsorizzazione di un modello di governance concorrenziale rispetto a quello voluto da Zhongnanhai, e ciò nonostante capace di conquistare l'approvazione popolare.

La Costituzione cinese formalmente garantisce la libertà di associazione, insieme alla libertà di parola e di riunione, ma nei fatti il regime ne ostacola la loro messa in pratica. Mantiene una posizione ambigua invece per quanto riguarda la creazione di partiti politici, che non vieta ma che nemmeno consente esplicitamente. Tuttavia Pechino continua a permettere l'esistenza di otto partiti non comunisti fondati prima del '49, il cui scopo è quello di "consigliare" piuttosto che ricoprire un vero ruolo di opposizione, commenta la Reuters. La ragione è semplice: il Pcc intravede un potenziale sovversivo nella fondazione di partiti concorrenti. Ragione per la quale nel 1998 il dissidente Xu Wenli è stato condannato a 13 anni di carcere per aver collaborato alla nascita del China Democracy Party. Soli due anni più tardi la leadership riuscì a reprimere il movimento nascente e a rinchiudere tutti i suoi membri. Nel 2002 Xu fu costretto all'esilio negli Stati Uniti per motivi di salute.

Una sorte analoga è toccata ai dissidenti firmatari della "Charta 08", manifesto sottoscritto nel 2008 da 303 intellettuali allo scopo di avviare una serie di riforme politiche volte alla democratizzazione della Repubblica popolare. Liu Xiaobo, uno dei promotori del movimento, finì in prigione un anno più tardi; e proprio da dietro le sbarre si vide assegnare il premio Nobel per la pace nel 2010.

Ma per il Zhi Xian Party è diverso. Nessuno dei suoi membri ha intenzione di ripudiare il Partito comunista, assicura Wang. Quello che vogliono i suoi fondatori è semplicemente ottenere dal governo cinese la tutela della libertà di riunione e l'istituzione di un procedimento elettorale per scegliere i rappresentanti del popolo. I firmatari della Charta 08 "avevano buone motivazioni, ma il modo in cui hanno portato avanti le cose era sbagliato" ha commentato Wang, riconoscendosi favorevole a elezioni dirette per i membri dell'Assemblea nazionale del popolo, sorta di parlamento fantoccio cinese, i cui candidati vengono preselezionati e approvati dal Partito comunista.

La sua battaglia per difendere Bo Xilai è cominciata di recente, dopo che il principe rosso si è trovato invischiato nell'omicidio del businessman britannico Neil Heywood, per il quale la moglie di Bo è stata condannata alla pena di morte sospesa nell'agosto 2012. Nutrendo la netta sensazione che l'ex astro nascente fosse stato incastrato, Wang ha scritto due lettere aperte che le sono costate un breve periodo di detenzione. Una volta rilasciata, ha cominciato a ricevere messaggi di sostenitori e simpatizzanti di Bo. "Tutti mi dicevano che tipo di uomo era stato Bo Xilai; si trattava di gente comune", racconta, "Solo allora ho cominciato a capire chi era veramente [Bo]. Così ho assunto un punto di vista oggettivo e legale quando si parlava di lui, fino a diventare una sua sostenitrice".

Alla fine di giugno Wang ha preso la via di Chongqing per conoscere i simpatizzanti di Bo. Costretta a tornare a Pechino è stata messa ai domiciliari per circa una settimana, periodo durante il quale ha portato avanti uno sciopero della fame conclusosi con un ricovero in ospedale. Eppure tutt'oggi dimostra coraggio da vendere. "Noi non abbiamo paura. Non penso che ci arresteranno" ha dichiarato in un'intervista alla Reuters, nonostante abbia raccontato di essere costantemente sorvegliata da agenti in borghese che tengono sott'occhio la sua abitazione.

In passato il Pcc ha provveduto ad azzittire le voci amiche dell'ex "imperatore" di Chongqing censurando i siti di estrema sinistra e arrestando alcuni suoi sostenitori, come nel caso di Song Yangbiao, reporter di The Time Weekly detenuto in agosto "per aver causato dissenso e disturbo". Song aveva utilizzato il suo account Weibo, il Twitter cinese, per denunciare le irregolarità del processo che quest'estate ha visto Bo rispondere delle accuse di corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere.

A dimostrare come la ferita sia ancora fresca, questo mese un documento interno del Pcc ha invitato i funzionari ad allinearsi alla leadership e a trarre insegnamento dagli errori commessi da Bo.

La nascita del Partito pro-Bo Xilai giunge in un momento particolarmente delicato per Pechino. Nelle ultime settimane il Dragone si è trovato a dover far fronte a due atti dimostrativi in aree politicamente sensibili. Dal Suv kamikaze in piazza Tian'anmen, che il regime ha collegato al gruppo terroristico xinjianese dell'East Turkestan Islamic Movement (ETIM), alle sette bombe esplose davanti alla sede del governo di Taiyuan, nello Shanxi, opera -pare- di un 41enne con precedenti penali.

Ma mentre la leadership agita con sempre maggior frequenza il fantasma del terrorismo, la tempistica degli incidenti (due in due settimane e proprio a pochi giorni dalla riunione plenaria) hanno portato certuni ad avanzare l'ipotesi azzardata di un complotto. Un gesto estremo da parte di quei "compagni" ostili alle riforme "onnicomprensive" con le quali Pechino punta a raddrizzare alcune delle storture evidenziate dal proprio modello di crescita. Prima tra tutte la controversa ristrutturazione delle aziende di Stato, le quali agiscono in situazioni di monopolio costituendo terreno permeabile alla corruzione, in quanto spesso presiedute da uomini legati al potere politico.

Le banche e le aziende governative, che dovrebbero essere il cuore della riforma economica del paese, sono, infatti, in mano alle famiglie più influenti della politica cinese, poco inclini a rinunciare ai propri privilegi. Tra gli storici oppositori a una riduzione del potere delle imprese statali, nonché all'ingresso di capitali privati nel sistema finanziario cinese, abbiamo niente meno che Zhou Yongkang, padrino politico di Bo Xilai, zar della sicurezza in pensione e negli anni '90 capo della China National Petroleum Corporation (CNPC), colosso petrolifero finito di recente nel mirino degli ispettori di Pechino, in una campagna senza precedenti volta a fare ordine e pulizia nei grandi conglomerati di Stato. Le vittime illustri sono già numerose e i ben informati sono pronti a scommettere che anche Zhou farà presto la fine dei suoi protégé.

Per quanto la teoria complottista risulti essere piuttosto naif, la resistenza opposta dall'ala conservatrice alle istanze liberiste (più che liberali) della nuova leadership cinese è invece un dato di fatto. E continua nonostante l'avviata liberalizzazione di alcuni settori dell'economia e l'introduzione di misure volte a ridurre la pressione fiscale sulle piccole imprese.

"La privatizzazione è contro la Costituzione; le imprese statali sono la linfa vitale dell'economia cinese". Non a caso a dirlo è proprio Wang Zheng.




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