lunedì 28 dicembre 2015

Cina: La lotta al terrorismo diventa legge



(Una traduzione integrale della nuova legge è disponibile in inglese su China Law Translate)

Domenica pomeriggio l'Assemblea Nazionale del Popolo, il "parlamento" cinese, ha approvato la tanto attesa legge sull'antiterrorismo, la prima di questo tipo in Cina, sebbene disposizioni in materia fossero già presenti nel diritto penale (Ciminal Law), nel codice di procedura penale (Criminal Procedure Law) e nella legge di risposta alle emergenze (Emergency Response Law). Sulla base della nuova norma, preannunciata nel novembre 2014, la Cina si doterà di un unico organo antiterrorismo che il Ministero della Sicurezza Pubblica ha dichiarato "avrà l'incarico di identificare le attività e gli elementi terroristici, e di coordinare le operazioni antiterrorismo a livello nazionale". Appena alcuni giorni fa, Pechino aveva nominato come suo primo zar nella "lotta al terrore" Liu Yuejin, ex assistente del ministro della Sicurezza Pubblica con oltre vent'anni di esperienza nella guerra al narcotraffico.

E' da alcuni anni che il gigante asiatico avverte l'incombente avanzata del terrorismo, specialmente nella regione autonoma musulmana dello Xinjiang, dove frizioni etniche tra l'etnia maggioritaria han e quella minoritaria turcofona degli uiguri si mescolano ad una progressiva radicalizzazione sull'onda del jihad globale. Sebbene la Repubblica popolare venga generalmente considerata una meta sicura, episodi violenti attribuiti dalle autorità ad elementi uiguri si sono verificati in diverse aree del Paese, arrivando persino a minacciare il cuore politico della Cina, piazza Tian'anmen, mentre alla vigilia di Natale le sedi diplomatiche estere avevano dato l'allerta citando generici rischi per la sicurezza degli stranieri a Sanlitun, il quartiere della movida pechinese. Uno scenario che sembrerebbe giustificare le misure restrittive adottate da Pechino, ma che gli osservatori internazionali considerano una degenerazione delle politiche etniche discriminanti adottate dalle autorità nei confronti della minoranza islamica.

Le incognite della legge antiterrorismo 

Le critiche mosse da oltre Muraglia si imperniano su tre questioni principali: 1) la possibilità che il governo cinese metta mano su dati sensibili obbligando le aziende tecnologiche straniere a consegnare le chiavi di crittografia; 2) il rischio che l'accusa di terrorismo venga estesa arbitrariamente a qualsiasi espressione di malcontento nei confronti dell'establishment cinese; 3) il pericolo che il crescente controllo sui media cinesi e sul rilascio di notizie riguardanti attacchi terroristici alzi un muro tra il Dragone e il resto del mondo, moltiplicando i dubbi sull'inusuale escalation di violenza che sta travolgendo il Paese.

Nella bozza finale è stata rimossa la controversa l'articolo che, stando alla prima stesura della legge, avrebbe richiesto alle compagnie Internet e agli altri fornitori di tecnologia la consegna di codici crittografati e altri dati sensibili per un controllo ufficiale prima del loro utilizzo. E' stato, tuttavia, confermato l'obbligo per gli Internet provider e le aziende di telecomunicazioni di assicurare "supporto tecnico e assistenza, inclusa la decrittazione," qualora venga richiesto nell'ambito di indagini e nelle operazioni di prevenzione al terrorismo. La misura, già aspramente criticata da Barack Obama in un'intervista alla Reuters dello scorso marzo, pare sia stata recentemente argomento di discussione tra il presidente americano e il suo omologo cinese Xi Jinping. Da tempo Washington avverte che la legge, giunta nel mezzo di un'agguerrita campagna antitrust, rischia di minare ulteriormente il business delle aziende straniere in Cina, fornendo a Pechino l'accesso a informazioni commerciali e comunicazioni private, scoprendo così il fianco al furto di segreti tecnologici. Accuse, queste, che il governo cinese rispedisce al mittente ricordando che "molti Paesi, compresi gli Stati Uniti, hanno introdotto leggi che impongono alle aziende tecnologiche di cooperare nelle indagini e nella sorveglianza all'antiterrorismo". "Ma se è pratica comune quella di obbligare le società a combattere il terrorismo, tuttavia, gli Stati Uniti sono andati ben oltre nell'abuso del cosiddetto 'accesso backdoor' diventando maestri delle intercettazioni a livello mondiale", sentenzia l'agenzia di stampa statale Xinhua, alludendo tra le righe al caso Prism. Insomma, il gigante asiatico starebbe semplicemente applicando regole già largamente utilizzate dalla prima potenza mondiale.

L'altra accusa più ricorrente riguarda la nebulosità con cui Pechino bolla come "terrorismo" tutto ciò che mette in dubbio la propria legittimità e integrità nazionale (comprese le rivendicazioni autonomiste del Dalai Lama in Tibet). La bozza di legge definitiva chiama terrorismo "il sostegno e l'implementazione di azioni violente, di sabotaggio e minaccia così come altri mezzi finalizzati alla diffusione del panico sociale che mettono a rischio la sicurezza pubblica violando persone e proprietà, o facendo pressione sugli organi statali e le organizzazioni internazionali per ottenere obiettivi politici, ideologici e di altro genere." Una definizione che le organizzazioni per la difesa dei diritti umani paventano possa essere facilmente impugnata contro attivisti e minoranze religiose, con il pericolo concreto che dopo l'approvazione della legge sulla sicurezza nazionale (passata a luglio) e quella sulle Ong (ancora al vaglio), la nuova norma antiterrorismo fornisca un altro grimaldello nella stretta sulla società civile sotto i vessilli del "rule of law". Inoltre, secondo quanto riportato dalla Xinhua, su richiesta della Commissione Militare Centrale e con l'approvazione del Paese interessato, l'Esercito Popolare di Liberazione (PLA) potrà ora prendere parte a missioni antiterrorismo oltreconfine, aprendo la strada ad una maggiore partecipazione delle forze armate cinesi nella lotta globale contro il terrorismo. Iniziativa di per sé apprezzabile, ma che potrebbe assumere sfumature inquietanti se proiettata indiscriminatamente nel turbolento vicinato occidentale: il potere coercitivo di Pechino ha già portato alla firma di chiacchierati accordi di estradizione con alcuni Paesi dell'Asia Centrale, dimora di una consistente diaspora uigura e di recente scenario di controversi attacchi terroristici.

La scarsa trasparenza adottata dalla stampa cinese nel rilascio delle notizie non aiuta a fugare i sospetti che adombrano la nuova legge - sospetti che la Cina lamenta sfocino in una narrazione a "doppio standard". Oltre a vietare a "privati e istituzioni la fabbricazione e diffusione di informazioni riguardo incidenti terroristici costruiti, di report e dettagli di attività terroristiche che potrebbero condurre a emulazione, e della pubblicazione di scene di crudeltà e disumanità", le nuove misure prevedono che nessuno -eccetto i media outlet preventivamente autorizzati dalle autorità competenti- potrà diffondere online e offline informazioni su attacchi terroristici o sulla risposta delle autorità. Giusto sabato il Ministero degli Esteri ha confermato l'espulsione dal Paese della giornalista francese Ursula Gauthier, dopo che a inizio mese la corrispondente del magazine L'Obs era stata accusata di aver "criticato gli sforzi messi in atto dal governo contro il terrorismo e per aver calunniato e denigrato le politiche cinesi" nello Xinjiang in un articolo tutt'ora censurato oltre Muraglia. "La Cina non difenderà mai la libertà di sostenere il terrorismo", ha dichiarato il Ministero.


Nello specifico le misure introdotte prevedono:

- L'istituzione di una nuova agenzia antiterrorismo e un centro nazionale di intelligence. Verranno inoltre creati corpi professionali antiterrorismo.

- I fornitori di servizi internet e delle telecomunicazioni saranno tenuti ad assicurare "supporto tecnico e assistenza inclusa la decrittazione" nonché a "prevenire la circolazione di informazioni" sull'estremismo.

- La polizia potrà utilizzare direttamente le armi in "situazioni di emergenza", quando si trova a contrastare assalitori armati di pistole e coltelli.

- Le operazioni antiterrorismo potranno essere estese a missioni oltreconfine.

- Verrà introdotto il divieto della propagazione di informazioni riguardo ad attività terroristiche, e della fabbricazione di false notizie su presunti episodi di natura terroristica.

- Nessuno -eccetto i media outlet preventivamente autorizzati- potrà diffondere online e offline informazioni su attacchi terroristici o sulla risposta da parte delle autorità.


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