Le priorità di Trump in Asia
Conclusi i cerimoniosi convenevoli, ostentata la solidità della partnership e suggellata l’inusuale fratellanza sul manto erboso del Kasumigaseki country club, al suo secondo e ultimo giorno in Giappone, Trump si è unito al premier Shinzo Abe per decretare la fine della “pazienza strategica” con la Corea del Nord. Di più. I due leader hanno ventilato una risposta concertata per abbattere i missili di Kim Jong-un una volta che Tokyo avrà acquistato nuovi armamenti “made in Usa”.
Come gli analisti si sono affrettati sottolineare, l’agenda di Trump in Asia mostra chiaramente quali sono le priorità del presidente statunitense: le 48 ore riservate al Giappone fanno impallidire le 12 destinate alla Corea del Sud. Complice la chimica che unisce The Donald ad Abe, ma anche la condivisa risolutezza adottata dai due leader conservatori nel trattare con la Corea del Nord a dispetto dell’approccio “soft” del liberale Moon Jae-in, assurto alla guida del Sud con la promessa di una nuova “sunshine policy”. Mentre proprio nel weekend Pyongyang ha chiuso le porte al dialogo — rinnovando la determinazione ad arricchire il proprio arsenale nucleare con scopi difensivi — Seul ha messo in chiaro che la collaborazione con Washington e Tokyo non assumerà i contorni di un’alleanza militare (e il recente riavvicinamento alla Cina sembra rinnovare l’aspirazione a un “ruolo di mezzo”).
A pesare sui rapporti trilaterali ci sono trent’anni di colonizzazione giapponese tra il 1910 e il 1945 e il timore di venire trascinati in guerra dalla retorica bellicista di Trump. Sabato, migliaia di persone hanno manifestato a Seul per protestare contro l’imminente visita del presidente americano, che secondo fonti del Korea JoongAng Daily verrà tenuto lontano dalla zona demilitarizzata proprio per evitare “incidenti”. Intanto, gli altri due alleati pensano di rottamare il quadrilatero India-Usa-Giappone-Australia, sperimentato nel 2007 per circa un anno e lasciato morire a causa delle proteste cinesi per una presunta strategia di “contenimento” ai propri danni. Balza all’occhio l’inclusione dell’India, corteggiata dall’amministrazione Trump proprio in funzione anti-Pechino nell’ambito di una nuova strategia dell’”Indo-Pacifico” in sostituzione del vecchio “Pivot to Asia”. Una nuova tornata di colloqui a quattro potrebbe avvenire a margine dell’East Asia Summit di Manila (13–14 novembre).
Vietato insultare l’inno nazionale. Anche a Hong Kong
In futuro, i cittadini di Hong Kong che insultano la Patria potrebbero rischiare fino a 3 anni di carcere. Nel weekend, il parlamento cinese ha esteso la National Anthem Law — entrata in vigore il 1 ottobre per punire chi sbeffeggia l’inno nazionale cinese — alla Basic Law di Hong Kong, e presto verrà inserita anche alla minicostituzione che regola Macao. Mentre la legge di per sé prevede un massimo di 15 giorni di “detenzione amministrativa”, un emendamento al codice penale cinese introdotto nel weekend minaccia una pena fino a 3 anni di carcere per chi deride l’inno o si macchia di vilipendio alla bandiera. Il portavoce del comitato permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo, ha dichiarato sabato in conferenza stampa che ora spetta al governo di Hong Kong adottare una legge locale per adeguarsi in modo tempestivo all’emendamento. In che modo tuttavia non è ben chiaro. La misura sembra rispondere per le mire all’intemperanza della regione amministrativa speciale, sempre più insofferente verso l’ingerenza di Pechino. Negli ultimi anni, tra la tifoseria hongkonghese non sono mancati fischi contro la Marcia dei Volontari in occasione di eventi calcistici.
Xi Jinping chiede “l’assoluta lealtà” dell’esercito
“L’esercito deve seguire il comando di Xi, rispondere ai suo ordini senza temerlo mai”. E’ quanto stabiliscono le nuove linee guida emesse dalla Commissione militare centrale, presieduta proprio da Xi Jinping, che oltre ad essere presidente della Repubblica popolare e Segretario del Partito è anche capo delle forze armate. Da quando un paio di anni fa ha avviato una massiccia ristrutturazione dell’esercito — il più numeroso al mondo — Xi ha riaffermato in più occasioni il pieno controllo seguendo diligentemente quanto affermato da Mao: che “il potere politico nasce dalla canna del fucile”. Proprio domenica la polizia armata (una gendarmeria che svolge funzioni di polizia politica, giudiziaria, amministrativa e di frontiera) ha rilasciato una nuova canzone dal titolo “Essere un bravo soldato per il presidente Xi”, chiaro arrangiamento del motivetto “Essere un bravo soldato per il presidente Mao” in voga tra l’esercito circa cinquantanni fa.
Sempre più donne cinesi assumono le redini degli affari di famiglia
Un cambiamento di vedute, la politica del figlio unico e un percorso di studi più diversificato hanno permesso alla prole femminile di ereditare sempre più spesso la guida delle aziende di famiglia. Con una differenza: normalmente le donne preferiscono continuare le attività tradizionali dell’azienda di famiglia mentre i maschi sono più inclini ad ampliare a nuove forme di business. Secondo il Scmp, proprio il raggiungimento di un trattamento paritario nella successione è da annoverarsi tra i fattori che hanno inciso sul vistoso aumento di miliardarie in Cina, sebbene il gigante asiatico abbia il numero più elevato al mondo di imprenditrici self-made. Stando a Hurun, le 50 cinesi più ricche hanno un patrimonio complessivo di 23,1 miliardi di yuan (3,48 miliardi di dollari), almeno il 50% in più rispetto allo scorso anno.
(Pubblicato su China Files)
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