venerdì 25 marzo 2016

La visita di Obama a Cuba vista dalla Cina


La stampa cinese minimizza la storica trasferta di Obama a Cuba - conclusasi martedì - e invita alla cautela, sottolineando l'impervietà del cammino intrapreso dai due vecchi nemici. «Lunga è la strada che Cuba e gli Stati Uniti dovranno percorrere all'indomani della visita», scriveva il China Daily alla vigilia dell'arrivo di Obama, primo capo di Stato americano a mettere piede sull'isola in 88 anni. Il quotidiano in lingua inglese si è espresso con un editoriale sulla fallimentare strategia del «cambio di regime» portata avanti dallo Zio Sam per decenni. Un punto sul quale si è espressa anche l'agenzia di stampa Xinhua.

Letteralmente: «Come scrive Herry Kissinger in 'Diplomacy', nessun'altro paese più degli Usa è rimasto intrappolato nell'idea di poter esportare universalmente le proprie istituzioni. Nutrendo tali idee e considerandosi il faro del mondo libero, per molto tempo Washington ha burberamente tentato di imporre con la forza le proprie idee in paesi caratterizzati da culture e condizioni differenti. E con quale risultato? [Che ora abbiamo] un Medio Oriente straziato dalla guerra, una Corea del Nord nuclearizzata e un Occidente colpito dal radicalismo». È così che per i media governativi «Il riavvicinamento a Cuba implica una rinuncia all'arroganza Usa» (copyright Xinhua) e alle velleità imperialiste sfoggiate in America Latina, regione che gli States considerano il proprio cortile di casa.

«Speriamo che le due parti possano sfruttare questo momento positivo», ha scandito la portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying. Il linguaggio felpato della diplomazia, tuttavia, mal cela lo scetticismo cinese verso l'era post-Obama. Con le presidenziali alle porte, non è da sottovalutare la presenza di «cricche politiche» tutt'oggi intenzionate a ribaltare il regime dei Castro. «Se la Casa Bianca chiuderà un occhio o addirittura si sottometterà al loro volere, l'eredità di Obama verrà abbandonata dal suo successore», mette in guardia il Global Times, spin-off dell'ufficialissimo Quotidiano del Popolo. Tanto più che la strategia di disgelo avviata dal presidente uscente ha già innescato una serie di contrattacchi d'ispirazione demagogica tra i candidati Repubblicani Ted Cruz e Marco Rubio, entrambi vicini all'isola per trascorsi famigliari.

Pechino, da tempo tra i principali fautori di una sospensione dell'embargo statunitense contro L'Avana, intrattiene un rapporto privilegiato con il paese caraibico in virtù della comune fede «rossa», ma non solo. Negli ultimi anni, calcoli economici - più che ideologici - hanno spinto il gigante asiatico a cementare la propria influenza in America Latina.

Ricuciti gli strappi risalenti alle tensioni sino-russe, le relazioni tra la Repubblica popolare e Cuba si sono avviate verso una fraterna collaborazione da quando L'Avana è divenuto il primo governo latinoamericano a istituire canali diplomatici con Pechino nel 1960. In tempi recenti, Raul Castro si è definito un estimatore del «modello Cina», aprendo di fatto alla sperimentazione di riforme economiche volte a stemperare il Marxismo-Leninismo ortodosso con gocce di capitalismo.

Da parte sua, il Dragone osserva con interesse la transizione cubana, sopratutto data l'importanza commerciale e geopolitica che l'isola caraibica acquisterà sul lungo periodo grazie all'espansione del Canale di Panama, collegamento strategico tra l'Atlantico e il Pacifico. Un interesse rimarcato dal presidente cinese, Xi Jinping, durante la sua prima visita di Stato nella regione, nel luglio 2014.

Secondo dati dell'Ambasciata cinese a L'Avana, tra gennaio e settembre 2015 gli scambi bilaterali hanno raggiunto quota 1,59 miliardi di dollari, un 57 per cento in più su base annua. Numeri che fanno del Dragone il secondo principale partner dell'isola (dopo il Venezuela) con una bilancia commerciale nettamente inclinata verso Est: l'export cinese verso Cuba ammonta a 1,33 miliardi a fronte di un drastico calo delle importazioni, influenzate negativamente dal rallentamento della produzione di nickel e tabacco. In quest'ottica la distensione con gli Stati Uniti non potrà che giovare anche a Pechino, spiega al New York Times Su Hao, professore presso la China Foreign Affairs University: «L'economia cubana si evolverà e di questo beneficerà anche la Cina».

(Pubblicato su China Files)

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