giovedì 31 marzo 2016

State Grid, dall'Artico all'Equatore


Il metodo più efficace per risolvere il problema della scarsità delle risorse, limitare l'inquinamento e contrastare i cambiamenti climatici? Liu Zhenya, presidente di State Grid, la più grande società elettrica al mondo con sede a Pechino, non ha dubbi: costruire una rete elettrica globale in grado di sfruttare il vento artico e la luce solare dell'Equatore. Se tutto andrà come da programma, il progetto dovrebbe essere completato per il 2050, quando a pieno regime il sistema genererà migliaia di terawattore all'anno. Costo complessivo: 50 trilioni di dollari.

Il piano, così come proposto da State Grid, prevede tre fasi: la prima, di breve periodo, prevede l'implementazione di un'interconnessione a lungo raggio in territorio cinese (prerequisito è che la seconda economia mondiale colmi le proprie mancanze) e allo sviluppo della tecnologia necessaria per la trasmissione delle risorse rinnovabili. Poi, si procederà a collegare la rete cinese con quella dei paesi vicini. A tal proposito mercoledì è stato siglato un memorandum d'intesa per la realizzazione di un network in Asia Nord-Orientale con il coinvolgimento della giapponese Soft Bank Corp, la russa Rossetti e la coreana Korea Electric Power Corp. Infine, si passerà alla costruzione di basi ad energia solare e parchi eolici nell'Artico, da cui partiranno linee di alimentazione a lungo raggio in direzione delle aree più bisognose.

Insomma, un progetto che s'inserisce a pieno nella tradizione dei virtuosismi ingegneristici cinesi (dalla Grande Muraglia alla famigerata Diga delle Tre Gole), proiezione della grandeur faticosamente riconquistata dopo gli anni bui in cui la Cina veniva additata come la malata d'Asia. Oggi ne è il traino e non solo in termini di Pil. Secondo un recente studio ripreso dall'Economist, Pechino ormai investe nelle rinnovabili più di America e Giappone cumulativamente, mentre il Tredicesimo Piano Quinquennale (2016-2020) - approvato pochi giorni fa dal parlamento cinese - preannuncia un lustro all'insegna della "green economy".

"Attraverso reti veloci speriamo di assicurare una fornitura a livello mondiale promuovendo l'integrazione dell'energia pulita", ha scandito Liu in occasione dell'International Conference on Global Energy Interconnection tenutasi mercoledì a Pechino. Come spiega il China Daily, l'inadeguatezza delle infrastrutture costituisce il fattore numero uno all'origine di sperperi e inefficienza. Secondo fonti ufficiali, lo scorso anno circa il 15 per cento dell'energia elettrica è andata sprecata, mentre il 12 per cento di quanto generato dal solare è rimasto indistribuito. La realizzazione di linee elettriche ad altissima tensione dovrebbe facilitare l'erogazione dell'energia inutilizzata verso le regioni più sprovviste, chiarisce Liu.

Inutile dire che, aldilà delle belle parole, la State Grid tira acqua al proprio mulino. Il titanico progetto non solo si inserisce nel processo di "go global" intrapreso dalla società negli ultimi anni (ricordiamo l'accordo con Cassa Depositi e Prestiti da 2,1 milioni di euro), ma mette anche a frutto l'esperienza maturata dalla compagnia nello sviluppo della tecnologia necessaria alla trasmissione su lunga distanza. Un'operazione "win-win", come direbbero nei palazzi del potere in piazza Tian'anmen. Ma di non facile realizzazione.

Resta, infatti, da vedere chi sarà disposto a sborsare la somma necessaria, che è pari a quasi due volte la produzione di Cina e Stati Uniti messi insieme. Calcoli economici a cui si aggiungo grattacapi relativi alla sicurezza nazionale. Come fa notare il Wall Street Journal, oltre alla possibilità che la rete diventi facile vittima di cyber-attacchi, c'è da chiedersi quanti saranno disposti a mettere in mani cinesi la gestione di un'utility tanto cruciale.

A Liu, tuttavia, tutto questo non sembra preoccupare. E' un po' come costruire il "world-wide web", dice: si inciampa in ostacoli di natura politica, cionondimeno "questa è la direzione giusta da intraprendere".

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