venerdì 16 dicembre 2011

"Piccoli giardinieri" vietnamiti coltivano cannabis in UK


Rinchiusi in una prigione di vetro per 24 ore al giorno senza un sistema di ventilazione, mangiano e dormono sotto lampade di calore, esposti costantemente agli effluvi di sostanze chimiche altamente tossiche: sono i piccoli "giardinieri" vietnamiti, adolescenti tra i 13 e i 16 anni vittime di un commercio clandestino che dall'Indocina arriva dritto sul mercato del Regno Unito. Si ipotizza che tra il marzo 2009 e il febbraio 2010, siano stati 287 i bambini spediti illegalmente dal Vietnam; più di un terzo è stato sfruttato per il commercio sessuale, mentre il 18% è stato destinato alla coltivazione della cannabis. Molti di loro sono disturbati mentalmente, hanno subito violenze e traumi emotivi; provengono da famiglie disagiate e indebitate, pertanto più facilmente manipolabili in quanto in grandi difficoltà economiche.
Secondo le stime del Child Exploitation e Online Protection Center (CEO), ogni anno circa 300 bambini- di cui la maggior parte di nazionalità vietnamita- vengono venduti clandestinamente in Gran Bretagna, e quasi un quarto finisce a lavorare negli allevamenti di marjuana.
Le autorità britanniche sono in visibile affanno davanti all'estensione di un fenomeno che sembra diventare sempre più ingestibile. Dopo le incursioni della polizia e la chiusura degli impianti, l'incubo per i piccoli giardinieri continua: trattati come criminali dalle forze dell'ordine, subiscono le ritorsioni dei trafficanti e se rispediti a casa diventano vittime delle loro stesse famiglie, che nel "fallimento" dei loro figli vedono l'incubo dell'impossibilità di saldare i debiti contratti con i gangster locali.
Oggi il 90% del commercio di cannabis nel Regno Unito è alimentato dalla produzione nazionale, e il 75% delle bande criminali in esso coinvolte proviene proprio dal Vietnam.

Nessun commento:

Posta un commento

Hukou e controllo sociale

Quando nel 2012 mi trasferii a Pechino per lavoro, il più apprezzabile tra i tanti privilegi di expat non era quello di avere l’ufficio ad...