lunedì 28 ottobre 2013

Bo Xilai, un corrotto qualunque?

Il 25 ottobre l'Alta Corte dello Shandong ha rigettato il ricorso in appello di Bo Xilai, confermando la condanna all'ergastolo per corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere.
La pena comminata è apparsa da subito decisamente più severa rispetto a quella inflitta nell'ultimo ventennio ad altri funzionari di pari livello colpevoli di crimini analoghi. China File è andato oltre le semplici impressioni, analizzando i documenti processuali e i rapporti rilasciati dai media di stato dal 1989 al 2013.  Il risultato dell'indagine -che non comprende i mesi successivi al ricambio politico- è tutt'altro che scontato. Rispetto ad altri funzionari condannati per essersi intascati somme di denaro simili, l'ex segretario di Chongqing sembrerebbe aver ricevuto una sentenza relativamente mite. Non solo. La ricerca dimostra che, sotto la guida di Hu Jintao (2003-2013), la leadership cinese ha purgato un maggior numero di quadri corrotti di quanto non abbia fatto durante la presidenza di Jiang Zemin (1993-2003), sia in termini assoluti che su base annua, distinguendosi anche per l'attuazione di pene più aspre.

120 dei 141 funzionari comparsi nella lista di China File sono stati rimossi dai loro incarichi per appropriazione indebita o corruzione.
Nessuno di loro era un funzionario al vertice del potere (ovvero presidenti, premier, membri del Comitato permanete del Politburo, e una manciata di dirigenti). Quattro erano tra il 4° e il 6° rango (vicepremier, membri del Politburo, vicepresidenti del Comitato permanente dell'Assemblea nazionale del popolo); dieci erano di livello provinciale e ministeriale (capi di ministeri e dipartimenti di Partito, leader provinciali, amministratori delegati delle principali imprese di Stato) e 106 tra il 9° e il 10° rango (viceministri e vicesegretari provinciali).

Uno dei funzionari accusati di corruzione (Gao Yan, ex segretario e Ceo della società elettrica State Grid Corporation -dunque, di livello provinciale e ministeriale- è fuggito all'estero nel 2002, riuscendo a scampare alla cattura. Tre si sono suicidati mentre erano indagati, ma sono stati ugualmente sottoposti ad espulsione postuma dal Partito. Quattro sono stati condannati alla pena capitale, ventotto hanno ricevuto la pena di morte con sospensione. Diciotto sono stati condannati all'ergastolo, quaranta a pene detentive a tempo determinato e quindici sono stati esaminati dalla Commissione centrale per la Disciplina del Pcc senza venire mai processati in tribunale. Undici sono ancora sotto inchiesta.


Dal massacro di piazza Tian'anmen (1989) sono soltanto tre i membri del Politburo ad essere stati rimossi. Chen Xitong, segretario del Partito di Pechino, nel 1998 è stato condannato a 16 anni di prigione per inadempimento del dovere e per essersi appropriato di 556.000 yuan (67mila dollari). Dieci anni dopo, nel 2008, Cheng Liangyu, segretario del Partito di Shanghai, si è visto comminare una pena di diciotto anni per abuso di potere e per l'appropriazione di 2,39 milioni di yuan. Infine Bo Xilai, condannato all'ergastolo per essersi intascato 5 milioni di yuan (815mila dollari) e per aver accettato tangenti pari a 20,44 milioni di yuan (3.238mila dollari), a cui vanno ad aggiungersi sette anni per abuso di potere.

Tenendo buoni i calcoli della corte di Jinan, la somma complessiva acquisita da Bo risulta molto maggiore rispetto a quella dei suoi omologhi del Politburo, ed è probabilmente proprio per questo motivo che il principe rosso è l'unico membro dell'ufficio Politico del Partito ad essere stato condannato all'ergastolo per corruzione dalla morte di Mao Zedong (1976).

Comparando i crimini di Bo con quelli degli altri tredici funzionari condannati al carcere a vita nel decennio 2003-2012, risulta che questi ultimi si sono intascati una media di 7,12 milioni di yuan attraverso appropriazione indebita, tangenti o entrambi i reati, mentre le ricchezze "sporche" dell'ex segretario di Chongqing ammontano complessivamente a 25,44 milioni di yuan, più di tre volte tanto.

Nella medesima decade (2003-2012) 24 funzionari sono stati condannati alla pena di morte con sospensione di due anni per essersi appropriati in media di 21,74 milioni di yuan; una somma che risulta comunque inferiore a quella di Bo. Anche se nessuna delle 24 pene capitali sia stata eseguita, sembra ugualmente che a Bo sia andata meglio del previsto. Il codice penale cinese, infatti, stabilisce che i condannati alla pena di morte sospesa debbano servire almeno 20 anni dietro le sbarre, mentre per quelli condannati all'ergastolo la pena è di minimo 13 anni.

La ricerca si sofferma inoltre sul numero di quadri
che hanno perso il loro incarico tra il 1989, anno in
cui è salito al potere Jiang Zemin, e il 2012, anno dell'"incoronazione" di Hu Jintao. Ebbene, nonostante Jiang abbia guidato il paese per tredici anni e Hu per soltanto dieci, durante l'amministrazione del grande vecchio della politica cinese sono stati rimossi 48 funzionari per corruzione; ben 63 invece quelli ai quali è toccata una sorte analoga sotto Hu Jintao. Il che equivale a dire che ogni anno del governo Jiang Zemin 3,43 quadri hanno perso la propria posizione, contro i 6,3 della decade appena conclusa.    
                                                                          Per facilitare l'analisi le pene comminate sono state ripartite in tre categorie: pene gravi (pena di morte, pena di morte sospesa ed ergastolo); medie (reclusione a tempo determinato); leggere, ovvero che non prevedono il coinvolgimento delle corti di giustizia (sanzioni disciplinari all'interno del Partito, che comprendono rimproveri, espulsione dal Partito, perdita della posizione ufficiale ecc..).


Risultato: il 64% dei dei corrotti silurati da Hu hanno ricevuto punizioni considerate "gravi", solo il 25%, invece, sotto Jiang. Per quanto riguarda le condanne "medie" abbiamo un 26% durante la decade di Hu, contro il 50% sotto Jiang, mentre l'8% si è vestito comminare una pena "lieve"durante l'era Hu Jintao, il 26% durante l'amministrazione di Jiang.

L'articolo 282 del codice penale cinese prevede che l'accusa di peculato o corruzione, quando la somma di denaro acquisita supera i 100mila yuan, debba corrispondere a una pena detentiva di non meno di dieci anni o al carcere a vita, con possibile confisca dei beni. La leggestabilisce che "se le circostanze sono particolarmente gravi, il reo deve essere condannato a morte e privato dei beni". Quasi tutti i funzionari corrotti presi in esame da China File sono stati accusati di aver intascato ricchezze per cifre superiori ai 100mila yuan, ma -come evidenzia la ricerca- la legge consente un notevole margine di manovra al Partito, sopratutto quando si tratta di casi politicamente sensibili. D'altra parte, tanto sotto Jiang che sotto Hu, le pene più severe sono state comminate proprio nel caso di acquisizione di grandi somme. In media 12,55 milioni di yuan per la pena di morte sospesa, 1,79 milioni per l'ergastolo, 649mila yuan per la detenzione a tempo determinato, quando Jiang era al potere. Sotto Hu Jintao, invece, la pena di morte sospesa è stata inflitta per un importo più alto, pari a 21,737 milioni di yuan, il carcere a vita per 8,432 milioni di yuan e la reclusione a tempo determinato per 2,507 milioni di yuan.


                                                                         

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