domenica 6 ottobre 2013

Ciao Giap!



Si è spento alla veneranda età di 102 anni Vo Nguyen Giap, il generale vietnamita che, ispirandosi all'arte delle guerra di Sun Tzu, sconfisse francesi e americani, divenendo l'icona dei terzomondisti. Nel Vietnam unito Giap diventò prima ministro della Difesa, poi vicepresidente. Le sue critiche contro il regime vietnamite e le aperte simpatie verso i movimenti giovanili gli sono costate un'ufficiosa emarginazione.

"Ai posteri passeranno due storie" ha commentato al South China Morning Post Carl Thayer, esperto di Vietnam "la prima, quella ufficiale, che tutto il partito vuole sentire e che descrive Giap come un generale perfetto, un maestro di strategia militare. Poi ci sarà il racconto doloroso di un generale...che è stato messo da parte".

Intanto la storia di oggi racconta l'imbarazzo dei media statali. Mentre testate più piccole come VNExpress hanno pubblicato la notizia del decesso, l'ufficiale Vietnam News Agency si è chiusa in un rigoroso silenzio, suscitando la costernazione del web. Nella giornata di sabato la televisione di Stato ha riportato la notizia della morte di Giap in maniera stringata, definendolo "leggenda della storia vietnamita moderna".


Il bel ricordo del giornalista Mimmo Candito, che conobbe il piccolo grande uomo di persona:

L’icona che ha consegnato per sempre alla memoria comune la fine ingloriosa dei marines in quel pezzo d’Asia, e dei «puppets» che gli reggevano il governo di Saigon, è quell’ultimo elicottero che si alza strappando dal tetto dell’ambasciata americana con, dentro, il diplomatico che tiene stretta in braccio la bandiera a stelle e strisce e, fuori, appesi al carrello dell’elicottero come vermi disperati, i poveri disgraziati dei suoi collaboratori che scalciano l’aria mentre, da sotto, i vietcong che già stanno prendendo la città allungano verso il cielo le mani per acchiapparli e tirarli giù dal volo che fila via. Che fine amara, d’una spedizione ch’era partita per fermare il «domino« comunista, prendendo a spunto il pum-pum d’una messinscena di cannoniere che si scontravano in mare, per poter dare così una lezione a chi s’illudeva che – battuti i francesi, che anch’essi erano scappati via dall’Indocina a gambe levate, umiliati nella loro grandeur con la brutta batosta di Dien Bien Phu – lo stesso avrebbero potuto fare con i marines e con i loro generali a 3 e 4 stelle.
Ma non era un’illusione, quella, perché andò diversamente da quanto Casa Bianca e Pentagono avevano pronosticato; i generali comandanti che avevano vinto orgogliosamente la Seconda guerra mondiale vennero bruciati uno dopo l’altro nel fallimento delle loro glorie, e l’«Apocalypse Now» diventò il contrappunto d’un inferno liquido e verde che si divorò più di 50 mila uomini nei pantani e nelle giungle del Vietnam. L’Apocalisse la fece lui, questo vecchio signore senza più divisa morto ieri come un decrepito Matusalemme, ch’era poi, sempre lui, lo stesso che aveva mandato a casa i francesi da Dien Bien Phu e aveva inaugurato il tempo feroce della decolonizzazione che avrebbe cambiato la geografia sprezzante dell’Asia e dell’Africa.
Quando gli ricordavi quella terribile foto – ormai che lui era in pensione, a Hanoi, venerato come solo i vecchi eroi possono mostrare di meritare – una foto che, eppure, documentava alla storia una vittoria senza pari, Giap non faceva mostra d’orgoglio ma, sorridendo lievemente, con la grazia sottile degli asiatici, e nel bel francese colto dei suoi studi nei collegi e nelle università dell’Indocina ancora tricolore, diceva altro: che quella foto mostrava, piuttosto, che gli americani non erano preparati alla guerra che stavano combattendo da 10 anni, e che, se in guerra non sei preparato, allora la sconfitta e la fuga sono un passaggio obbligato.

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