martedì 8 novembre 2016

Hong Kong: Il ritorno degli Ombrelli


«Ogni parola o azione che contravviene deliberatamente ai requisiti prescritti, sfidano le procedure di giuramento, o che persino sfrutta la possibilità di insultare il Paese e il popolo cinese, deve essere fermata in conformità con la legge». Il responso dell'Assemblea nazionale del popolo (Anp) non lascia adito a dubbi: Pechino non darà una seconda chance a Yau Wai-ching, 25, e Baggio Leung, 30, i deputati della formazione politica indipendentista Youngspiration che lo scorso 12 ottobre avevano sfidato il governo cinese storpiando in maniera provocatoria il pronunciamento necessario a ufficializzare il loro ingresso nel Consiglio Legislativo di Hong Kong (LegCo). Da allora i due sono stati banditi dalle sedute parlamentari del mercoledì, mentre l'Alta Corte di Hong Kong ha avviato una revisione giudiziaria per decidere se dare o meno un'altra possibilità ai due giovani, eletti lo scorso settembre insieme ad altri quattro esponenti appartenenti alle nuove forze politiche generate dal ventre di Occupy Central.

Mentre il responso del tribunale locale è ancora di là da venire, la scorsa settimana la questione del giuramento è scivolata sulla scrivania dell'Anp (sorta di parlamento d'oltre Muraglia), in quello che è senza dubbio l'intervento cinese più invasivo sul sistema politico e legale dell'ex colonia britannica dall'handover del 1997. Seppure nei limiti consentiti dalla legge. L'Articolo 158 della Basic Law, la minicostituzione locale, infatti garantisce all'organo legislativo cinese un potere interpretativo superiore a quello dell'Alta Corte di Hong Kong se si presentano tre condizioni precise. Pechino si è già avvalso - piuttosto arbitrariamente - di tale diritto in altre quattro circostanze, anche senza richiesta di intervento da parte del governo locale; mai tuttavia il giudizio del parlamento cinese aveva osato mettere bocca su un caso ancora al vaglio dei tribunali della regione amministrativa speciale - che teoricamente gode di una notevole autonomia sotto il motto «un paese due sistemi».

Secondo il presidente del LegCo Andrew Leung, la conferma della squalifica di Yau Wai-ching e Baggio Leung avverrà soltanto una volta conclusa la revisione giudiziaria ancora in corso. Ma il Chief Executive Leung Chun-ying ha affermato che «implementerà pienamente» quanto deciso dal parlamento cinese, arrivando persino a ventilare la possibilità di rispolverare la draconiana legge antisommossa - una proposta aggiuntiva all'articolo 23 della Legge Fondamentale di Hong Kong introdotto in seguito alle manifestazioni in sostegno delle vittime di piazza Tian'anmen - a cui il governo hongkonghese ha dovuto rinunciare nel 2003 dopo accese proteste da parte della popolazione.

Commentando l'episodio, Joshua Wong, il fulcro del movimento studentesco del 2014, ha dichiarato alla Reuters che «l'incidente mostra come la Basic Law sia un documento legale limitato e soggetto al controllo e alle modifiche del Partito comunista cinese». Secondo il South China Morning Post, non è nemmeno escluso che il verdetto - che ha efficacia retroattiva - possa essere impugnato per invalidare i giuramenti poco solenni di altri due giovani deputati democratici, tra cui Nathan Law, presidente di Demosisto, il partito di Wong. «Temo che assisteremo ad altre interpretazioni e tentativi da parte dell'Anp di rimpolpare le leggi locali come contromisura per fermare i separatisti», avverte Simon Young, docente della Hong Kong University, rimarcando l'apprensione di Pechino davanti alle crescenti spinte secessioniste, che godono del sostegno delle nuove generazioni. A scanso di equivoci il portavoce dell'ufficio del Consiglio di Stato per gli affari di Hong Kong e Macao ha salutato la decisione dell'Anp dichiarando che «l'interpretazione dimostra la determinazione irremovibile del governo centrale nell'opporsi all'indipendenza di Hong Kong»; una questione ritenuta tabù alla stregua delle spinte separatiste in Tibet e Xinjiang. Tanto per prendere il polso degli umori cinesi si consideri che, secondo David Badurski di China Media Project, dal 1946 a oggi il People's Daily (quotidiano di punta del regime comunista) ha parlato di «indipendenza di Hong Kong» solo 14 volte in tutto, di cui 13 a partire dall'ottobre 2014 e 11 proprio quest'anno.

I timori sono reciproci. Fino dalle prime ore della mattina di domenica migliaia di manifestanti (13.000 secondo gli organizzatori di Civil Human Rights Front; 8.000 stando alla polizia) hanno contestato l'ingerenza cinese marciando per le strade della regione amministrativa speciale, vestiti di nero e armati di bandiere coloniali. Il corteo, che inizialmente si era posto come traguardo la sede della Corte finale d'Appello, ha dimenticato la sua natura pacifica quando alcuni dimostranti hanno deviato verso il Liaison Office, forzando le transenne posizionate dalle forze dell'ordine e dando inizio agli scontri. Come in un dejavu, la polizia ha reagito al lancio di sampietrini e cocci di bottiglia adoperando manganelli e spray al peperoncino, mentre i manifestanti si sono fatti scudo con gli ombrelli, già protagonisti delle proteste del 2014. I disordini si sono conclusi con quattro arresti (commutati in libertà provvisoria in attesa di ulteriori indagini) e due agenti lievemente feriti. La città è tornata alla normalità intorno alle 3 del mattino, ma il pericolo di un'escalation ha spinto le autorità locali a disporre il dispiegamento preventivo di 2.000 funzionari della polizia, secondo fonti del South China Morning Post.

Intanto, l'Occidente invita alla calma. Per la portavoce del Consolato generale degli Stati Uniti a Hong Kong e Macao «è un vero peccato che questa situazione particolare non sia stata risolta all'interno del Consiglio Legislativo o dei rispettati tribunali», mentre il Foreign Office britannico ha espresso «preoccupazione per i recenti sviluppi»: «invitiamo il governo cinese e quello di Hong Kong, e tutti i politici eletti, a evitare di compiere qualsiasi azione che possa aumentare le ansietà o minare la fiducia in 'un paese due sistemi'. La prosperità e la stabilità di Hong Kong dipendono dalla sua implementazione».

(Pubblicato su China Files)

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