martedì 1 novembre 2011

Aggiornamenti Ai Weiwei: multa da 2,4 MLN di dollari



Leggi l'antefatto: Ai Weiwei deve pagare 1,2 MLN di tasse

Quella di Ai Weiwei sembra ormai essere una storia infinita. Proprio questa mattina l'artista cinese ha diffuso sul web uno di quei tweet che il governo cinese non avrebbe mai voluto leggere: "Mi è arrivata una comunicazione dell'ufficio delle imposte. Poichè sono considerato il "controllore reale" dell'azienda (si riferisce alla Beijing Fake  Cultural Developer Ltd., la società per cui lavora e della quale è proprietaria la moglie, Lu Qing), dovrò pagare 15 milioni di yuan (2,4 milioni di dollari); l'equivalente di quanto incassano in un anno le ferrovie cinesi".

Ai racconta alla Reuters il losco modus operandi con il quale le autorità stanno trattando la questione: "Io non sono un manager, né un direttore; sono un semplice progettista. So bene che dietro vi sono motivazioni politiche e che sono rivolte contro di me". E la convinzione dell'archistar non è stata indebolita nemmeno dalle rassicurazioni dei funzionari, secondo i quali la multa sarebbe diretta all'azienda e non a lui personalmente. "Ho domandato perchè sul comunicato del ministero degli Affari Esteri ci fosse il mio nome"- ha continuato il dissidente cinese- "ma in tutta risposta mi è stato ripetuto che la cosa non ha nulla a che fare con me". L'irragionevolezza della questione è accentuata dal fatto che sino ad oggi la Fake non ha ricevuto nessun documento che provi un'effettiva evasione fiscale. "Se lo Stato dice che hai eluso le tasse, allora vuol dire che lo hai fatto e basta. Come si può avere ancora qualche speranza? Questo Paese non cambierà mai", hanno replicato dagli uffici.

Intanto la richiesta avanzata dal Beijing Local Taxation Bureau è salatissima: 5,3 milioni di yuan di tasse arretrate (circa 800mila dollari), ai quali si vanno a sommare 6,8 milioni di multa (poco più di 1milione di dollari) e circa 3 milioni di pagamenti arretrati (472mila dollari). La somma dovrà essere versata entro 15 giorni e, in caso di inadempienza, non è da escludersi che l'artista possa nuovamente finire agli arresti. "Se realmente esiste un problema di tipo fiscale sarò io a pagare, ma se le accuse sono false, non tirerò fuori una lira. Tutto ciò è ridicolo" ha continuato l'archistar.

Dopo il suo rilascio nel mese di giugno, il padre dello stadio Nido d'uccello è rimasto sotto inchiesta con l'accusa di reati economici, senza tuttavia ricevere alcuna comunicazione ufficiale che spiegasse, nello specifico, la natura dei crimini commessi. Poi a luglio il governo di Pechino ha tenuto un'udienza a porte chiuse, alla quale ad Ai fu vietato di prendere parte; una prassi, questa, definita "illegale" dal suo avvocato. E adesso i fatti sembrano proprio dare ragione ai più sospettosi. Tra gli attivisti per i diritti umani l'ipotesi più accreditata è quella che vede dietro i falsi pretesti del governo un unico obiettivo: mettere a tacere un personaggio troppo scomodo.


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