domenica 27 novembre 2011

Donne cambogiane in lotta contro le espropriazioni forzate

Espropriazioni forzate, percosse e reclusioni: le donne cambogiane sono le prime vittime del progresso economico del Paese. Secondo un rapporto pubblicato giovedì scorso dalla sede londinese di Amnesty International, in Cambogia le donne sono in prima linea nella lotta contro gli sfratti; molte hanno assunto la guida della loro comunità per protestare contro il governo a causa della violazione dei propri diritti, e spesso il loro attivismo si è scontrato contro il pugno di ferro delle autorità.

"Gli sgomberi forzati violano i trattati internazionali sulla difesa dei diritti umani e minano la stabilità della famiglia"- ha affermato Donna Guest, vicedirettrice di Amnesty International per la regione Asia-Pacifico -"nei casi in cui l'espropriazione sia inevitabile, il governo dovrebbe dialogare con la popolazione colpita per assicurare compensazioni e abitazioni sostitutive".

Decine di migliaia di cambogiani sono stati sfrattati, sia nelle campagne che nelle città. Nella zona del lago Boeung Kak 20.000 persone hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni- o sono in procinto di farlo- da quando nel 2007 una società di sviluppo commerciale ha ottenuto una concessione di novantanove anni sull'area. E nonostante le rassicurazioni del Primo Ministro Hun Sen volte a tranquillizzare gli 800 "superstiti" in possesso di titoli di proprietà, nessuno nella zona dorme più sonni tranquilli.

Vanny, 31 anni, residente nei pressi del lago, è una delle paladine dei diritti delle famiglie cambogiane; a causa del suo attivismo è stata recentemente accusata di diffamazione dalla municipalità di Phnom Penh. Ma nonostante il suo coraggioso intervento, le ruspe non hanno avuto pietà: lo scorso 16 settembre otto case lungo le sponde del Boeung Kak sono state rase al suolo, lasciando i proprietari senza un tetto sotto il quale dormire.

Hoy Mai, madre 48enne della provincia nord-occidentale di Oddar Meanchey, era incinta di cinque mesi quando nel 2009 la sua abitazione fu data alle fiamme per fare spazio ad una nuova azienda; una delle 150 case fagocitate dall'insaziabile voracità dei buldozer. In seguito, dopo essersi recata da Hun Sen per protestare contro lo sfratto, Mai fu messa in manette con l'accusa di aver violato la legge di compensazione forestale. Dopo tre giorni di prigionia, alimentandosi di solo riso avariato, diede alla luce un  figlio che continuò ad allattare dietro le sbarre per due mesi. La donna fu rilasciata nel giugno 2010 dopo aver sottoscritto un accordo per cedere i diritti sulla sua terra in cambio di un'abitazione sostitutiva. Oggi Mai ha otto figli ma nessuna casa di sua proprietà.

Il problema della terra è una piaga che affligge il popolo cambogiano dalla metà degli anni '70, quando il regime dei Khmer Rossi ordinò evacuazioni su vasta scala e trasferimenti di massa. Quest'operazione causò una notevole confusione in materia di diritti fondiari, e quando, dopo dieci anni di guerra civile, i rifugiati fecero ritorno nelle loro terre d'origine, la nascita di comunità di squatter fu inevitabile.

Ogni anno sono 30.000 le persone costrette a lasciare gli ormeggi, lanciandosi in un futuro incerto per far spazio a nuovi progetti minerari e agricoli, o a pianificazioni immobiliari. Gli sgomberi forzati spesso comportano la perdita di beni e mezzi di sussistenza, minacciando il benessere fisico e mentale del nucleo familiare. I soggetti sottoposti a trasferimenti coatti vengono spediti in aree remote, rischiando di perdere l'accesso all'istruzione e ai servizi sanitari. E la situazione è resa ancora più complessa dalla frequente assenza di una figura maschile in casa: gli uomini, lontani per lunghi periodi in cerca di lavoro, lasciano le mogli ad affrontare il problema da sole.

"Il distacco dal proprio focolare e dalla comunità d'origine è un'esperienza traumatica per chiunque- ha affermato Donna Guest- "ma le donne, ricoprendo il ruolo di protettrici delle loro case, si trovano ad assumere un onere oltremodo gravoso."

A.C

(Fonte: Radio Free Asia)

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